Una barriera agli avvocati
RIFORMA FORENSE / Proposte in Commissione giustizia alla Camera
Numero chiuso nelle facoltà di giurisprudenza
di Giovanni Ventura
Numero chiuso alle facoltà di giurisprudenza per frenare l’accesso alla professione di avvocato. Perché l’università continua a consentire un ingresso indiscriminato di studenti che poi, una volta laureati, si ritrovano disoccupati o precari. Questa la denuncia dell’Organismo unitario dell’avvocatura, che ha partecipato ieri in commissione Giustizia della Camera alle audizioni sulla riforma forense, insieme all’Associazione nazionale forense e alla Conferenza dei presidi di facoltà di giurisprudenza. Secondo l’Oua, che, come il Consiglio nazionale forense, chiede a Montecitorio di spingere sull’accelleratore per l’approvazione della riforma, possono essere comunque approvate in corsa delle modifiche al testo varato dal Senato. Tra queste, appunto, l’inserimento all’università. “Non è possibile varare una credibile riforma della professione conservando lo stesso numero di laureati che hanno diritto all’accesso”, afferma l’Oua nel documento consegnato alla II Commissione, “Bisogna, al contrario, studiare una riforma che elevi, non solo la preparazione ma anche il livello meritocratico. Non è ammissibile, infatti, che vi sia nell’albo forense il 40% di disoccupati intellettuali e un precariato determinato dall’università che consente l’ingresso indiscriminato alimentando aspettative che vengono sistematicamente deluse”. Per il resto, il testo approvato dal Senato “contiene un complesso di norme che non possono non raccogliere il consenso dell’Oua, salvo alcune correzioni anche sostanziali”. Tra le altre cose, l’Organismo unitario del’avvocatura chiede di ripristinare la previsione che includeva tra i requisiti per la iscrizione all’albo quello di “Aver superato l’esame di abilitazione non oltre cinque anni antecedenti la data di presentazione della domanda di iscrizione”. E la norma che prevedeva che l’esame di stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato può essere sostenuto soltanto dal praticante avvocato che abbia effettuato un il tirocinio professionale, “che non abbia compiuto cinquanta anni alla data di scadenza del termine previsto per la presentazione della domanda di partecipazione e che abbia superato la prova di informatica di cui all’art. 45 (da ripristinare nel suo testo originario) “. L’Anf, invece, chiede alla Camera di non affrettare l’approvazione della riforma senza correggere la criticità. “Non siamo d’accordo con la strategia di approvare il testo e poi fare le modifiche”, afferma il segretario nazionale, Ester Perifano, “alcuni punti, poi, potrebbero essere approvati tramite decreto legge, come il ripristino delle tariffe minime vincolanti. Tra i punti critici evidenti, segnaliamo il procedimento disciplinare e la regolamentazione dell’accesso che, con le modifiche introdotte dal Senato, addirittura peggiora la situazione rispetto a sulla attuale”. Infine, il Comitato unitario dei patrocinatori, stragiudiziali (Cups), assieme all’Associazione nazionale esperti di infortunistica stradale (Aneis), ha replicato alla commissione Giustizia in merito alla scorsa audizione del Cnf, affermando che “se dovesse essere approvato il ddl sulla riforma della professione forense, di colpo limiterebbe l’esercizio dell’attività stragiudiziale in forma autonoma solo agli avvocati”. “Tale innovazione, anzi involuzione”, conclude il Cups, “porterebbe in effetti alla perdita del lavoro per migliaia di professionisti quali patrocinatori stragiudiziali, esperti di infortunistica stradale, consulenti specializzati in rami avanzati del diritto”.
Italia Oggi – RIFORMA FORENSE Proposte in Commissione giustizia alla Camera
– 8 marzo 2011Postato in: CUPS: RASSEGNA STAMPA
Corte di giustizia – Sentenza C-94/2004 CIPOLLA Federico / PORTOLESE Rosaria in FAZARI (causa C-94/04); Sentenza in GU C 331, del 30-12-2006, pag. 2 : Avvocati, tariffe, libertà dei servizi legali stragiudiziali, aboliti i minimi. Fonte:curia.europa.eu/jurisp/cgi-bin/form.pl?lang=IT&Submit=Rechercher$docrequire=alldocs& numaff=C-94/04&datefs=&datefe=&nomusuel=&domaine=&mots=&resmax=100
“Le prime tre questioni sollevate nell’ambito della causa C 94/04 (CIPOLLA Federico contro PORTOLESE Rosaria in FAZARI) e la questione sollevata nell’ambito della causa C 202/04 (MACRINO Stefano+CAPODARTE Claudia / MELONI Roberto, causa C-202/2004) devono dunque essere risolte, dichiarando che gli artt. 10 CE, 81 CE e 82 CE non ostano all’adozione, da parte di uno Stato membro, di un provvedimento normativo che approvi, sulla base di un progetto elaborato da un ordine professionale forense quale il CNF, una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari degli avvocati e a cui, in linea di principio, non sia possibile derogare né per le prestazioni riservate agli avvocati né per quelle, come le prestazioni di servizi stragiudiziali, che possono essere svolte anche da qualsiasi altro operatore economico non vincolato da tale tariffa.”
Cassazione Civile 2° Sez. Sent. 15530 del 11-6-2008: Avvocati, professionisti, consulenza legale, stragiudiziale, attività riservata. Fonte: http://www.studiolegalelaw.it/new.asp?id=5240:
“Al di fuori delle attività comportanti prestazioni che possono essere fornite solo da soggetti iscritti ad albi o provvisti di specifica abilitazione (iscrizione o abilitazione prevista per legge come condizione di esercizio), per tutte le altre attività di professione intellettuale o per tutte le altre prestazioni di assistenza o consulenza (che non si risolvano in una attività di professione protetta ed attribuita in via esclusiva, quale l’assistenza in giudizio,cfr.Cass. 12840/2006), vige il principio generale di libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi a seconda del contenuto delle prestazioni e della relativa organizzazione”
Da http://www.oua.it : “Patrocinatori stragiudiziali sulle barricate”
No alla riforma forense. Se venisse approvata riserverebbe infatti l’attività stragiudiziale in forma autonoma solo agli avvocati. Abolendo figure professionali come i patrocinatori stragiudiziali, gli esperti di infortunistica stradale o i consulenti specializzati in rami del diritto. In tutto 50 mila professionisti. È l’allarme lanciato, tra gli altri, da Aneis, Associazione nazionale esperti infortunistica stradale che oggi conta su 1.500 iscritti e che richiederà alla Commissione giustizia della camera di essere ascoltata in audizione sulla riforma dell’ordinamento professionale forense. Lo ha spiegato il presidente dell’Associazione, Luigi Cipriano. Domanda. Presidente, quali le problematiche della riforma forense? Risposta. La riforma riserva l’attività stragiudiziale agli avvocati impedendoci così la possibilità di lavorare. È una norma contraria alla giurisprudenza degli ultimi 60 anni e influirebbe a cascata su tutti gli altri ordini professionali, che potrebbero a loro volta richiedere riserve ed esclusive.
D. Quali le vostre mosse dal punto di vista politico?
R. Abbiamo richiesto un’audizione in Commissione giustizia della camera per spiegare tutte le problematiche legate alla proposta di legge all’esame del parlamento. Un impianto normativo che obbliga l’utenza a rivolgersi all’avvocato, reintroduce i minimi tariffari e limita la libera concorrenza.
D. Cosa ne pensa invece della mediazione obbligatoria?
R. Non abbiamo grosse remore sul provvedimento dato che si tratta di una normativa che permette a tutti l’accesso alla conciliazione e non solo agli avvocati. La contraddizione con la riforma forense è evidente: da una parte l’attività stragiudiziale viene riservata, dall’altra la conciliazione apre le porte a tutti i laureati.
D. Qual è il profilo dei vostri iscritti?
R. Siamo patrocinatori stragiudiziali, trattiamo il risarcimento del danno, quindi facciamo in sostanza mediazioni e quando non ci riusciamo sono gli avvocati a portare avanti questa parte di attività in tribunale. Devo dire che fino a oggi la collaborazione con la professione forense è sempre stata totale e vogliamo appunto che continui in questo modo, senza riservare agli avvocati qualsiasi attività di patrocinio stragiudiziale. Come associazione, oltre a far parte di Assoprofessioni, abbiamo costituito il CUPS (Comitato Unitario Patrocinatori Stragiudiziali), a cui hanno aderito altre sette associazioni. Data: 03/02/2011. Fonte: ITALIA OGGI
Da LA REPUBBLICA.it Supplemento Affari e Finanza: Lun. 30-5-2011. Professionisti senza albo, battaglia finale in Parlamento, di Valentina CONTE
Hanno discusso, si sono divisi e poi ricomposti. Ora, per l’ultima battaglia, quella decisiva in Parlamento, si ripresentano uniti. «L’obiettivo comune è arrivare a regolamentare lo status di professionista», taglia corto Giuseppe Lupoi, presidente del COLAP, il coordinamento delle libere associazioni professionali. «Ma non chiamiamole professioni non regolamentate, si fa confusione. Sono professioni associative», puntualizza. Il motivo del contendere sono tutti quei lavoratori che svolgono un’attività professionale, ma che non appartengono ad alcun albo. I contendenti, ora alleati, sono le associazioni più importanti che li rappresentano: COLAP e ASSOPROFESSIONI. La novità è che presto anche questi professionisti potrebbero avere un riconoscimento ufficiale e dunque maggiori tutele sotto il profilo previdenziale e assistenziale. Niente a che vedere, però, con gli Ordini. «È una legge semplice, che attendiamo da tempo e che si può fare», osserva Lupoi. «E soprattutto che avrà un impatto importantissimo su molta gente». Almeno un milione e mezzo di lavoratori, secondo le ultime stime. I professionisti senza una casa operano in campi diversi, dalle scienze alla comunicazione d’impresa, dalla medicina non convenzionale ai servizi all’impresa, dalla sanità alla cura psichica. Si tratta di grafici, interpreti, tributaristi, osteopati, certificatori energetici, informatici, mediatori culturali, patrocinatori stragiudiziali, optometristi, designer, archeologi, traduttori e interpreti, fisioterapisti, statistici, consulenti familiari, sociologi. E tanti altri. L’iter legislativo sembra a buon punto. «Entro l’estate, la X Commissione attività produttive della Camera licenzierà il testo per la discussione in aula», anticipa Lupoi. Un testo apprezzato sia da COLAP che da ASSOPROFESSIONI. Un buon compromesso, ammettono. «C’erano sei proposte di legge diverse, siamo stati sollecitati a una posizione unitaria», racconta Giorgio Berloffa, presidente di ASSOPROFESSIONI. «Un accordo molto importante», sottolinea Lupoi. La divergenza permane su un unico punto: riconoscere queste professioni, ma come? Secondo il COLAP, regolamentando le associazioni che raggruppano in modo vario e anche frammentato questi professionisti a partire dal 2007, quando sono state introdotte per la prima volta nel nostro ordinamento. Regolamentando le professioni, per ASSOPROFESSIONI, attraverso la norma UNI. «La Commissione parlamentare ha mediato dicendo: noi riconosciamo entrambe le strade. Le associazioni, da una parte, che possono rilasciare gli attestati ai loro iscritti. Parallelamente, però, può operare anche l’UNI, l’ente normatore nazionale. In entrambi i casi vige l’assoluta volontarietà», spiega Lupoi. «Già una quindicina di associazioni ci hanno chiesto di essere definite da norme UNI. Abbiamo avviato i primi sei tavoli», racconta Berloffa, che con il CNA ha dato vita ad UNIPROF. «Alla norma si arriva dopo un confronto tra l’UNI e tutti gli stakeholders: associazioni dei consumatori, rappresentanti delle associazioni, professionisti concorrenti, ministeri competenti, l’ente certificatore e quello che dà la formazione: università, scuola privata o regione», prosegue Berloffa. «La norma UNI è indispensabile a definire cosa deve fare e saper fare il professionista, come, quale formazione deve avere, quale deve essere la sua deontologia. Poi il professionista che vuole può farsi anche certificare da un ente accreditato come Accredia (l’ente certificatore nazionale). Attualmente già 80.000 professionisti hanno richiesto questo tipo di documento. Il perché è facilmente immaginabile: il professionista certificato è più affidabile, conquista più clienti e aumenta il suo fatturato. Il consumatore, poi, ha la garanzia di trovarsi di fronte a un vero bioingegnere, a un osteopata preparato e aggiornato, a un tecnico di emodialisi che sa quel che fa». In pratica, a un professionista “doc”. «Le “professionalità certificate” aggiunge Federico Grazioli presidente di Accredia costituiscono un elemento cardine delle politiche per l’occupazione, in particolare in un sistema in cui reti sociali ed economiche acquisiscono valore strategico per sostenere le politiche per la crescita e la ripresa». «Dignità della professione e garanzia dell’utente, queste le esigenze», conferma Piero Torretta, presidente Uni. «E noi non facciamo altro che coglierle. E la certificazione, per chi la sceglie, deve essere fatta da un ente terzo e indipendente». «Io non credo all’accreditamento, non funziona», ribatte Lupoi. «L’Uni elabora le norme a partire dal contributo delle associazioni. E quindi dov’è il vantaggio? Le norme, poi, cristallizzano le situazioni professionali al momento in cui sono elaborate. Ma le materie cambiano velocemente. L’ente terzo non sa, perché non può sapere, cos’è successo negli anni in tutte le materie. A meno che glielo dica l’associazione. E allora può fare tutto l’associazione». Oggi COLAP e ASSOPROFESSIONI saranno, per la prima volta, ad un tavolo tecnico richiesto da ASSOPROFESSIONI presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Si parlerà di riconoscimento delle professioni, ma anche di welfare e fisco. «I commercialisti, che hanno un Ordine, versano il 1415% per la previdenza. I tributaristi il 27%, tanto per fare un esempio», dice Berloffa. «Se entrambi danno 100, il professionista associativo prende come pensione la metà dell’altro, se gli va bene», concorda Lupoi.