A breve una delegazione congiunta CUPS e della Associazione Familiari Vittime della Strada incontrerà il sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico On. Saglia sullo scandalo macro-permanenti.
Libertiamo pubblicherà mercoledi mattina un articolo sulla riforma forense, che è alla ripresa. Il 3 ottobre scade il termine per la presentazione degli emendamenti e poi si apriranno le porte dell’aula con il placet del nuovo ministro di Grazia e Giustizia.
Si raccomandano numerosi commenti.
e’ una cosa scandalosa la riforma non solo toglie lavoro a tutti i patrocinatori stragiudiziali ,ma anche chi si e appena laureato in giurisprudenza prima che diventi autonomo ha quasi 35 anni -
io sinceramente non capisco i nostri colleghi, in giro cè molta superficialità, poca preoccupazione e partecipazione per l’evolversi di questa riforma forense..sembra quasi che a noi non cambi nulla quando invece dobbiamo stare attenti.
Perchemmai il risarcimento del danno alla persona, liberamente costruito nel tempo, attraverso mille+mille parametri ponderati attentamente dai giudici, dev’esser oggetto di valutazione del Ministero delle Attività Produttive?
Sono forse, i risarcimenti a persona, prodotti dell’economia nazionale, o sono prodotti economici, diventati, per far fare solo economia alle compagnie assicuratrici (poteri forti) coadiuvati da altri poteri forti?
Il risarcimento in RC è diventato forse un indennizzo pre-tabellato come descritto nelle polizze infortuni e malattia?
Ma stiamo pazziando? Come si permettono!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
E’ ora di finirla con questi continui regali, a pioggia a mio avviso, alle compagnie!!!
Il risarcimento, diversamente dall’indennizzo, sono cose totalmente diverse, ed affondano le loro radici in concetti giuridici ed articoli del codice civile, specifici, non mescolabili.
Se tale provvedimento dovesse passare e diventar legge, bisogna andare alla Corte di Giustizia Europea dei diritti Dell’Uomo!
..e putroppo, ancora una volta mi ripeto, quando si parla di questi argomenti: … aveva ragione Ezra Paund!
Buon giorno a Tutti i volenterosi, nella giusta lotta.
Cosa ci possiamo aspettare da Tutti i ns. governanti, i quali ci privano e privano gente con Euri 300,00 al mese di pensione delle basilari e necessari farmaci per salva vita; è loro come sotto si può leggere sperperano i ns. soldi a destra e a manca.
Carmelo Ferrera
….e i politici dovrebbero solo vergognarsi !!!!!
Creato da DiabolikLupin il 09/01/2011
PER TE….
SOLO PER TE
« ….PER SORRIDERE DI PRI…
…PERDI DUE MINUTI PER LEGGERE…
Post n°75 pubblicato il 09 Settembre 2011 da DiabolikLupin
….e i politici dovrebbero solo vergognarsi !!!!!
Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti l’assistenza sanitaria integrativa dei deputati. Si tratta di costi per cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza privata finanziata da Montecitorio. A rendere pubblici questi dati sono stati i radicali che da tempo svolgono una campagna di trasparenza denominata Parlamento WikiLeaks.Va detto ancora che la Camera assicura un rimborso sanitario privato non solo ai 630 onorevoli. Ma anche a 1109 loro familiari compresi (per volontà dell’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i conviventi more uxorio.Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10 milioni e 117mila euro. Tre milioni e 92mila euro per spese odontoiatriche.
Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche private).
Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per fisioterapia. Per visite varie, 698mila euro.
Quattrocentottantotto mila euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.
Per curare i problemi delle vene varicose (voce “sclerosante”), 28mila e 138 euro. Visite omeopatiche 3mila e 636 euro.
I deputati si sono anche fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno chiesto il rimborso all’assistenza integrativa del Parlamento per 153mila euro di ticket.
Ma non tutti i numeri sull’assistenza sanitaria privata dei deputati,tuttavia, sono stati desegretati. “Abbiamo chiesto – dice la Bernardini -quanti e quali importi sono stati spesi nell’ultimo triennio per alcune
prestazioni previste dal ‘fondo di solidarietà sanitarià come ad esempio balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura(ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l’importo degli interventi per chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li hanno voluti dare”. Perché queste informazioni restano riservate, non accessibili?Cosa c’è da nascondere?
Ecco il motivo di quel segreto secondo i Questori della Camera: “Il sistema informatizzato di gestione contabile dei dati adottato dalla Camera non consente di estrarre le informazioni richieste. Tenuto conto del principio generale dell’accesso agli atti in base al quale la domanda non può comportare la necessità di un’attività di elaborazione dei dati da parte del soggetto destinatario della richiesta, non è possibile fornire le informazioni secondo le modalità richieste”.Il partito di Pannella, a questo proposito, è contrario. “Non ritengo -spiega la deputata Rita Bernardini- che la Camera debba provvedere a dare una assicurazione integrativa. Ogni deputato potrebbe benissimo farsela per conto proprio avendo gia l’assistenza che hanno tutti i cittadini italiani.
Se gli onorevoli vogliono qualcosa di più dei cittadini italiani, cioè un privilegio, possono pagarselo, visto che già dispongono di un rimborso di 25 mila euro mensili, a farsi un’assicurazione privata.
Non si capisce perché questa ‘mutua integrativà la debba pagare la Camera facendola gestire direttamente dai Questori”. “Secondo noi – aggiunge – basterebbe semplicemente non prevederla e quindi far risparmiare alla collettività dieci milioni di euro all’anno”.
Mentre a noi tagliano sull’assistenza sanitaria e sociale è deprimente scoprire che alla casta rimborsano anche massaggi e chirurgie plastiche private – è il commento del presidente dell’ADICO, Carlo Garofolini – e sempre nel massimo silenzio di tutti.
…E NON FINISCE QUI…
“FANNO FINTA DI LITIGARE MA PER LORO E´ SEMPRE FESTA”
Sull’Espresso di qualche settimana fa c’era un articoletto che spiega che recentemente il Parlamento ha votato all’UNANIMITA’e senza astenuti un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa € 1.135,00 al mese.Inoltre la mozione e stata camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali.
STIPENDIO Euro 19.150,00 AL MESE
STIPENDIO BASE circa Euro 9.980,00 al mese
PORTABORSE circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare)
RIMBORSO SPESE AFFITTO circa Euro 2.900,00 al mese
INDENNITA’ DI CARICA (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00)TUTTI ESENTASSE
+
TELEFONO CELLULARE -TESSERA DEL CINEMA -TESSERA TEATRO -TESSERA AUTOBUS – METROPOLITANA -FRANCOBOLLI -VIAGGI AEREO NAZIONALI
CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE -PISCINE E PALESTRE -FS -AEREO DI STATO
AMBASCIATE -CLINICHE -ASSICURAZIONE INFORTUNI -ASSICURAZIONE MORTE AUTO BLU CON AUTISTA TUTTO GRATIS
RISTORANTE gratis (nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per Euro 1.472.000,00). Intascano uno stipendio e hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi (41 anni per il pubblico impiego !!! )
Circa Euro 103.000,00 li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera.(Es:la sig.ra Pivetti ha a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l’auto blu ed una scorta sempre al suo servizio)
La classe politica ha causato al paese un danno di 1 MILIARDO e 255 MILIONI di EURO.
La sola camera dei deputati costa al cittadinoEuro 2.215,00 al MINUTO !!
Far circolare. Si sta promuovendo un referendum per l’ abolizione dei privilegi di tutti i parlamentari……….. queste informazioni possonoessere lette solo attraverso Internet in quanto quasi tutti i massmedia rifiutano di portarle a conoscenza degli italiani……
PER FAVORE CONTINUA LA CATENA
le assicurazioni hanno bilanci che permettono amicizie ovunque, parlamento compreso. i disgraziati no.
togliere diritti ai disgraziati mi toglie più che il lavoro, toglie dignità all’intera Nazione-
i cittadini non sono cialtroni nel momento in cui chiedono ai potenti di rispondere alle responsabilità che si assumono.
votavo lega, poi Berlusconi, l’averli visti al governo mi ha fatto diventare radicale di sinistra.
la casa delle libertà si è trasformata nella casa delle libertà soffocate.
nbon permettete questo scandalo, il disgraziato ha già la sua disgrazia che con un pò di denaro può essere meno pesante.
posizionate il valore uomo davanti al denaro ed alla lotta per il potere, diversamente saranno guai per l’intera umanità di cui anche voi siete parte
Libertà di stabilimento.
Gli Articoli 43-48 del Trattato della Comunità Europea vietano le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.
1) Definizione 2) Art. 48 TCE 3) Libertà di stabilimento primaria
4) Libertà di stabilimento secondaria 5) Criterio della sede legale
6) Criterio dell’incorporazione 7) Collegamenti esterni
Definizione:
Per libertà di stabilimento si intende la possibilità di costituire e gestire un’impresa o intraprendere una qualsiasi attività economica in un paese della Comunita Europea, tramite l’apertura di agenzie, filiali e succursali. È inoltre garantito il diritto a esercitare attività non salariate. La libertà di stabilimento pone il divieto di discriminare un imprenditore in base alla nazionalità e si divide in libertà di stabilimento primaria e secondaria.
Art. 48 TCE:
L’art 48 TCE equipara le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno della Comunità, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri. In questo modo estende la libertà di stabilimento, data dall’art. 43 alle persone fisiche, anche alle persone giuridiche. Le società che volessero usufruire della libertà di stabilimento manterrebbero la personalità giuridica del paese di provenienza. L’articolo 48 indica 3 criteri:
La società dev’essere costituita conformemente alla legislazione di uno stato membro. La conformità dipende dalla modalità di identificazione della società secondo il criterio della sede legale o il criterio dell’incorporazione.
La società deve avere una delle seguenti caratteristiche:
-Sede sociale all’interno della CE
-Amministrazione centrale all’interno della CE
-Centro di attività principale all’interno della CE
-Scopo di lucro
Per verificare se una società sia costituita conformemente alla legislazione di uno stato membro vale il principio del paese di origine, e quindi possono spostare la sede in un altro paese membro della CE solo le società costituite nei paesi che applicano il criterio dell’incorporazione.
Libertà di stabilimento primaria:
La libertà di stabilimento primaria si ha quando un cittadino di uno stato membro si stabilisce in via definitiva in un altro stato per intraprendere un’attività imprenditoriale.
Libertà di stabilimento secondaria:
La libertà di stabilimento secondaria si ha quando un cittadino resta nel proprio paese ed esercità un’attività secondaria in un altro paese della CE (es. apertura di una succursale)
Criterio della sede legale:
Nei paesi che applicano il criterio della sede legale, come l’Italia, la Germania, la Francia o l’Austria, la società viene identificata in base al luogo in cui ha la propria sede amministrativa o la sede principale dell’attività svolta. Queste società non possono beneficiare della libertà di stabilimento primaria, perché se spostassero la loro sede, non sarebbero più validamente costituite per il paese d’origine e quindi mancherebbe uno dei presupposti dati dall’art 48.
Criterio dell’incorporazione:
Nei paesi che applicano il criterio dell’incorporaizione, come la Gran Bretagna, l’Irlanda, l’Italia, i Paesi Bassi e la Danimarca, la società viene identificata in base al luogo in cui è iscritta nel registro delle imprese. Queste società possono, ai sensi dell’art. 48 TCE, spostare la propria sede legale o amministrativa in un altro paese della CE.
Parlamento europeo: Note sintetiche
3.2.3. Libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi e il reciproco riconoscimento dei diplomi
BASE GIURIDICA
Articoli 3, paragrafo 1, lettera c), 14 e 43-55 (3, lettera c), 7 A e 52-66) del trattato CE.
OBIETTIVI
Si tratta di garantire alle attività non salariate (commerciali, industriali, artigianali o libere professioni) la libertà di esercizio su tutto il territorio comunitario, sotto il duplice profilo della libertà di stabilimento e della libera prestazione dei servizi, per giungere alla migliore localizzazione economica. Ciò presuppone non soltanto l’abolizione di ogni discriminazione basata sulla nazionalità ma anche, al fine di poter veramente usufruire di tale libertà, misure volte a facilitarne l’esercizio: innanzitutto l’armonizzazione delle norme nazionali di accesso o il loro riconoscimento reciproco.
REALIZZAZIONI
1. Il regime della liberalizzazione nel trattato
a. Il principio
Il trattato CE stabilisce il principio della liberalizzazione dell’attività non salariata nelle sue due forme: la persona o l’impresa può sia stabilirsi in un altro Stato membro [libertà di stabilimento: articolo 43 (52)], sia offrire i suoi servizi al di là delle frontiere in un altro Stato membro pur restando stabilita nel suo paese d’origine [libera prestazione: articolo 49 (59)]. Dall’entrata in vigore del trattato, ogni nuova misura restrittiva in materia è stata proibita e le restrizioni esistenti devono essere abolite prima della fine del periodo di transizione sotto forma di direttive del Consiglio secondo un programma generale progressivo [articoli 44 e 52 (54 e 63)].
b. I beneficiari
Si tratta in primo luogo delle persone fisiche in possesso della cittadinanza degli Stati membri, vale a dire essenzialmente degli artigiani e dei professionisti, quindi delle persone giuridiche, stabilite sul territorio di uno Stato membro, in particolare le società: le attività generalmente esercitate da queste ultime (assicurazioni, banche …) godono anch’esse di tali libertà ma, a causa dell’importanza dei settori in questione, sono esaminate in schede separate (*3.4.2. e 3.4.3.).
c. Le eccezioni
Il trattato esclude dalla libertà di stabilimento e dalla libera prestazione di servizi le attività che partecipano all’esercizio dei pubblici poteri [articolo 45 (55), primo comma del trattato CE], esclusione limitata tuttavia da un’interpretazione restrittiva della Corte di giustizia: affinché l’esclusione comprenda un’intera professione, tutta la relativa attività deve essere dedicata all’esercizio dell’attività pubblica o la parte che vi è dedicata deve essere inscindibile dalle altre. Il trattato permette, inoltre, agli Stati membri di escludere la produzione e il commercio di materiale bellico [articolo 296 (223), paragrafo 1, lettera b) del trattato CE] e di mantenere un regime particolare per i cittadini stranieri, giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica [articoli 46 (56), paragrafo 1 e 55 (66) del trattato CE].
2. L’applicazione della liberalizzazione sino al riconoscimento della sua applicabilità diretta
Due programmi generali, adottati il 18 dicembre 1961, prevedono le direttive necessarie all’abolizione delle restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione di servizi per le varie attività. Nonostante il Consiglio ne abbia adottate un gran numero, il lavoro effettuato era ben lungi dall’essere completato nel 1974, quando la Corte ha deciso che, nonostante tale carenza, le due libertà avevano, secondo gli stessi termini del trattato, un’applicabilità diretta a partire dalla fine del periodo transitorio (1. gennaio 1970): si tratta delle sentenze Reyners del 21 giugno 1974 (2/74) per la libertà di stabilimento e Van Binsbergen del 3 dicembre 1974 (33/74) per la libera prestazione di servizi. Il proseguimento dell’opera di eliminazione delle restrizioni è dunque divenuto inutile e le direttive in sospeso sono state ritirate.
3. Significato e portata della liberalizzazione dal riconoscimento della sua applicabilità diretta
L’applicabilità diretta delle due libertà significa che i cittadini della Comunità hanno diritto al trattamento nazionale. Uno Stato membro deve permettere ai cittadini degli altri Stati membri di stabilirsi o di prestare i loro servizi sul suo territorio secondo le stesse condizioni imposte ai propri cittadini. Ogni discriminazione basata sulla nazionalità è quindi proscritta. Ma le condizioni nazionali in materia di accesso e di esercizio continuano ad essere applicate, il che costituisce ancora un ostacolo per i cittadini stranieri, obbligati in particolare ad intraprendere nuovamente gli studi per conseguire i titoli e i diplomi richiesti. Per ovviare a tali ostacoli, le misure comunitarie destinate a “facilitare l’esercizio” delle due libertà mantengono ogni loro valore: il riconoscimento reciproco delle norme nazionali e loro eventuale armonizzazione.
4. Le misure destinate a facilitare l’esercizio delle due libertà: il riconoscimento reciproco dei titoli e dei diplomi
Tra le misure destinate a facilitare la libertà di stabilimento e la libera prestazione il trattato [articolo 47 (57), paragrafo 1] prevede innanzitutto il reciproco riconoscimento dei diplomi e di altri titoli richiesti in ogni paese per l’accesso alle professioni. Il trattato prevede quindi [articolo 47 (57), paragrafo 2] il coordinamento delle norme nazionali relative all’accesso delle attività non salariate e all’esercizio di queste, ossia un minimo di armonizzazione di tali norme, in particolare per quanto riguarda la formazione che conduce al conseguimento dei titoli e dei diplomi. Ma partendo dal presupposto che questa armonizzazione è inevitabilmente difficile, il riconoscimento reciproco è ad essa subordinato solo per quanto riguarda le professioni mediche, paramediche e farmaceutiche [articolo 47 (57), paragrafo 3]. Su tali basi, la legislazione in materia di riconoscimento reciproco si è quindi adattata alle varie situazioni: più o meno completa a seconda dei settori professionali, essa è stata recentemente riorientata verso un’impostazione generale.
a. L’approccio settoriale (per professione)
- Reciproco riconoscimento dopo l’armonizzazione
È nel settore sanitario che i risultati sono stati più evidenti per l’ovvio motivo che le condizioni di esercizio, in particolare le formazioni, non variano molto da un paese all’altro (rispetto ad altre professioni) e che la preventiva armonizzazione di dette condizioni, prevista dal trattato, non è stata quindi troppo difficile da realizzare. La maggior parte delle professioni collegate alla sanità beneficiano, pertanto, di un riconoscimento reciproco completo dei titoli nazionali di accesso, nel senso che tali titoli, elencati nelle direttive comunitarie, permettono di esercitare in tutti i paesi della Comunità sotto forma sia di stabilimento che di prestazione di servizi. Si tratta di:
medici: direttive 75/362 e 363 del 16 giugno 1978 (codificate dalla direttiva 93/6 del 5 aprile 1993, modificata dalla direttiva 97/50 del 6 ottobre 1997); dentisti: direttive 78/686 e 687 del 24 agosto 1978; infermieri: direttive 77/452 e 453 del 27 giugno 1977; veterinari: direttive 78/1026 e 1027 del 23 dicembre 1978; ostetriche: direttive 80/154 e 155 del 21 gennaio 1980; farmacisti: direttive 85/432 e 433 del 16 settembre 1985.
- Riconoscimento reciproco senza armonizzazione
Per altre professioni, le grandi differenze tra le norme nazionali non hanno consentito l’armonizzazione e, di conseguenza, il riconoscimento reciproco è stato meno accentuato. Si farà riferimento in particolare a:
gli avvocati: la diversità tra sistemi e formazioni giuridici dei vari Stati membri ha impedito il riconoscimento reciproco completo dei diplomi e dei titoli d’accesso che avrebbero garantito il libero stabilimento immediato sulla base del titolo dello Stato d’origine. In un primo tempo, è stato possibile autorizzare sulla base di questo titolo solo la libera prestazione di servizi occasionali (direttiva del Consiglio 77/249 del 22 marzo 1977); per la libertà di stabilimento era necessario il titolo del paese ospite. Con la direttiva 98/5 del 16 febbraio 1998 è stato compiuto un passo importante per la libertà di stabilimento: ogni avvocato, con il suo titolo professionale originale, può stabilirsi in un altro Stato membro per esercitarvi la sua attività professionale, con la clausola secondo la quale lo Stato ospite può esigere che la rappresentanza e la difesa in giudizio preveda la presenza di un avvocato nazionale; dopo tre anni di attività sotto tale regime, l’avvocato acquisisce (se lo desidera) il diritto alla pienezza dell’esercizio sotto il titolo professionale dello Stato ospite senza dover sostenere un esame di idoneità;
i trasportatori: direttive 74/561 e 562 del 12 novembre 1974 e 77/796 del 12 dicembre 1977 (libertà di stabilimento degli autotrasportatori) ed altri numerosi testi; gli agenti e i mediatori di assicurazioni: direttiva 77/92 del 13 dicembre 1976 (libera prestazione di servizi e libertà di stabilimento); i parrucchieri: direttiva 82/489 del 19 luglio 1982 (libera prestazione di servizi e libertà di stabilimento); gli architetti: direttiva 85/384 del 10 giugno 1985 (libera prestazione di servizi e libertà di stabilimento); gli agenti commerciali indipendenti: direttiva 86/653 del 18 dicembre 1986 (coordinamento delle norme nazionali di esercizio).
b. L’impostazione generale
La creazione di una legislazione volta al riconoscimento reciproco settoriale accompagnata, talvolta, da un’armonizzazione più o meno completa delle disposizioni legislative nazionali è di lunga e difficile realizzazione. Le difficoltà a cui ci si trova confrontati hanno condotto a prevedere un sistema generale di riconoscimento dell’equipollenza dei diplomi, per livello, valida per tutte le professioni disciplinate che non sono state oggetto di una legislazione comunitaria specifica.
Tale sistema è stato creato in 3 tempi:
Nel 1990, riconoscimento dei diplomi d’insegnamento superiore che sanciscono formazioni professionali aventi una durata minima di tre anni (direttiva 89/48 del 21 dicembre 1988) [1].
Nel 1992, ampliamento del regime ai diplomi, attestati e altri titoli diversi da quelli dell’insegnamento superiore di lunga durata, con due livelli:
-ciclo breve di studi post-secondari o di studi professionali,
-ciclo di studi secondari (direttiva 92/51 del 18 giugno 1992)[2]
Nel 1999, introduzione di un meccanismo di riconoscimento delle qualifiche per l’accesso a talune attività commerciali, industriali e artigianali non ancora coperte dalle direttive precedenti (tessili, abbigliamento, cuoio, legno) (direttiva 99/42 del 7 giugno 1999)
Nei tre casi, lo Stato di accoglienza non può rifiutare l’accesso all’attività considerata qualora il richiedente disponga della qualifica che gli apre tale accesso nel paese d’origine. Tuttavia, se la formazione ricevuta è di una durata inferiore, esso può richiedere in aggiunta un’esperienza professionale di una certa durata. Se la formazione è molto diversa, può esigere un tirocinio d’adattamento o una prova attitudinale, a scelta del richiedente salvo nel caso in cui l’attività richieda la conoscenza del diritto nazionale.
RUOLO DEL PARLAMENTO EUROPEO
Il Parlamento europeo è stata una delle forze motrici della liberalizzazione delle attività non salariate, adoperandosi affinché fosse creata una delimitazione molto rigorosa tra le attività che possono restare riservate ai cittadini (attività inerenti all’esercizio dei pubblici poteri). Si farà anche riferimento al procedimento contro il Consiglio per inadempienza in materia di politica dei trasporti: tale ricorso, promosso nel gennaio 1983, si è concluso con una sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia (n. 13/83 del 22 maggio 1985) in cui si condannava il Consiglio per non aver provveduto, violando il trattato, a garantire la libera prestazione dei servizi nel settore dei trasporti internazionali omettendo, altresì, di definire le condizioni di ammissione delle imprese di trasporto che forniscono prestazioni all’interno di uno Stato membro nel quale esse non siano stabilite. Di conseguenza, il Consiglio è stato costretto ad adottare la legislazione necessaria (*4.5.1.).
Si noterà che il ruolo del Parlamento si è potenziato grazie all’applicazione (con il trattato di Maastricht) della procedura di codecisione alla maggior parte degli aspetti della libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi.
RIFERIMENTI PROCEDURALI
[1] Procedura di cooperazione: SYN0041
[2] Procedura di cooperazione: SYN0209
[3] Procedura di codecisione: COD0031
6-11-2000
Quando la difesa degli interessi economici di ristretti gruppi di potere (riforma forense) o dei potentati economici (assicurazioni) ha il sopravvento sui diritti fondamentali dei cittadini non è ha rischio soltanto il diritto al lavoro e la libertà di impresa, ma anche la fiducia dei cittadini verso un modello di politica che sembra non rispondere più al bene del nostro Paese. Su questo anche le più alte cariche dello Stato dovrebbero riflettere prima di avvallare o ratificare leggi così illiberali e oscurantiste.
Spigolando nel web, ho trovato un interessante articolo:
Comunicato stampa AIFVS (Ass. Ital. Familiari Vittime della Strada) del 28-9-2011:
Risarcimento danno biologico: AIFVS chiede ritiro delle tabelle di legge per iniquita’. Il sottosegretario Saglia assicura il suo fattivo interessamento.
La Presidente della AIFVS Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada, Giuseppa Cassaniti, accompagnata da una delegazione di Esperti, ha rappresentato al Sottosegretario Stefano Saglia del Ministero dello Sviluppo Economico l’iniquita’ dei valori economici delle tabelle di legge del danno biologico, stabilite dal DPR del Consiglio dei Ministri del 3 agosto scorso.
Di fatto il Dpr ha dimezzato l’importo del risarcimento del danno subito dalle vittime della strada e dai loro familiari rispetto a quanto veniva riconosciuto sino ad oggi dai tribunali.
La Cassaniti ha chiesto al Sottosegretario e al Governo “di rimediare alla violazione dei diritti umani ritirando il provvedimento ingiusto ed abnorme provvedendo con un decreto governativo a riconoscere le tabelle del tribunale di Milano quali tabelle uniche di risarcimento del danno alla persona, su tutto il territorio nazionale, così come indicato dalle recenti pronunce della Cassazione”. Saglia ha manifestato grande sensibilita’ ed attenzione assicurando il suo fattivo interessamento. L’AIFVS seguirà con estrema attenzione tutte le azioni che verranno messe in atto per assicurare il ripristino dell’equo compenso alle vittime d’incidenti stradali e il ripristino del rispetto dei diritti umani.