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– 2 novembre 2011Postato in: COMUNICAZIONI, CUPS: RASSEGNA STAMPA
7-11-2011.L’AGCM (l’Antitrust italiana) apre una propria casella di posta certificata.
La corrispondenza ufficiale da inviare all’Autorità può essere trasmessa anche utilizzando la casella di Posta elettronica protocollo.agcm@pec.agcm.it. L’Autorità darà seguito ai documenti ritenuti validi e fornirà risposta utilizzando di volta in volta le modalità più idonee.
In particolare saranno ritenuti validi:
• i documenti informatici trasmessi dalle Pubbliche Amministrazioni, se ricorrono le condizioni di cui all’art. 47 del “Codice dell’amministrazione digitale” (D.Lgs. n°82 del 7/3/2005 e successive modificazioni);
• documenti informatici trasmessi da soggetti privati (cittadini e imprese) ricevuti sulla casella di PEC dell’Autorità, sottoscritti con firma digitale mediante un certificato rilasciato da un certificatore accreditato (cfr. art. 65 del “Codice”) indipendentemente dalla casella di posta elettronica di provenienza.
Le altre comunicazioni trasmesse via e-mail saranno soggette a registrazione di protocollo e valutate sotto il profilo della procedibilità dall’U.O. (cfr. art. 21 del “Codice”). Le comunicazioni via e-mail provenienti da caselle di PEC equivalgono alle comunicazioni trasmesse mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
Un grazie dal cuore, per l’operato della grande presidente della Associazione Familiari Vittime della Strada, prof.ssa Cassaniti, che oggi è quel che è, grazie alle angherie subite da parte delle leggi di allora, delle assicurazioni di allora (come oggi), in occasione delle vicende relative alla morte di un suo familiare, morto per incidente stradale da circolazione. Un ringraziamento, ancora una volta, va al ns. portavoce Stefano Mannacio, per il piccolo miracolo operato: un sasso buttato nell’acqua ha prodotto comunque dei cerchi d’acqua che hanno colpito talune sponde. Supportiamo sempre il ns. portavoce e la prof.ssa Cassaniti. Attendiamo con ansia che la partecipazione al convegno, per i vari soci delle associazioni categoria coinvolte, si trasformino in crediti formativi.
L’ANIA vorrebbe “spuntare più successi sul tabellone degli aerei abbattuti”, in quanto a suo dire ha scarse chances di successo delle imprese nei giudizi dinanzi alla magistratura non togata (leggasi GDP, e Sezione Stralcio, che ovviamente, essendo la “non togata” la giustizia di prossimità, quella avvertita meglio dai cittadini, sono di numero veramente più grande rispetto a quei giudizi di grado superiore). Sotto dettatura vorrebbe far cambiare leggi e codici dal Governo. Come si comporterà il Governo al cospetto del POPOLO ITALIANO, dallo stesso eletto?
Il Governo opererà per i cittadini italiani o ad personam?
Vedremo gli sviluppi a breve.
TESTO
ANIA: “Indagine conoscitiva sul settore dell’assicurazione di autoveicoli, con particolare riferimento al mercato ed alla dinamica dei premi dell’assicurazione per responsabilità civile auto (RCA)”
Audizione di Fabio Cerchiai Presidente ANIA
SENATO DELLA REPUBBLICA 10ª Commissione (Industria, commercio, turismo). Roma, 8 novembre 2011. pag.1
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Signor Presidente, Onorevoli Senatori, desidero ringraziarVi per aver voluto ascoltare l’Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici di nuovo nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul settore dell’assicurazione di autoveicoli, con particolare riferimento al mercato e alla dinamica dei prezzi dell’assicurazione r.c. auto. Il contesto nel quale si svolge questa audizione è quanto mai propizio, in quanto la Commissione Industria sta esaminando in seconda lettura ed in sede referente un disegno di legge volto a dotare il sistema r.c. auto di un apparato normativo e organizzativo che potrebbe dare una svolta nell’azione di contrasto alle frodi in assicurazione. Per questo motivo, il settore assicurativo sente il dovere di offrire al legislatore un contributo tecnico derivante dalla specifica esperienza sul campo e di segnalare gli ampi spazi di miglioramento del testo del disegno di legge già approvato dalla Camera.
1. Le criticità della r.c. auto: occorre risolvere il problema dei costi eccessivi
Prima di passare al commento delle norme in discussione e alle nostre proposte ritengo opportuno premettere alcune considerazioni di carattere generale che riguardano la situazione di criticità in cui versa l’assicurazione r.c. auto, che nel dibattito generale e mediatico continua ad essere affrontata come se il problema dei prezzi (sulla cui reale dinamica mi soffermerò di seguito) potesse essere scisso dal problema degli elevati costi dei risarcimenti che, solo in parte, sono imputabili alle frodi e alle speculazioni diffuse. In più occasioni la nostra Associazione ha avuto modo di segnalare i nodi strutturali che andrebbero sciolti per ridurre i costi e dunque i prezzi pagati dai cittadini e dalle imprese per l’acquisto della polizza obbligatoria. Purtroppo l’elenco dei fattori critici che abbiamo più volte sottoposto all’attenzione del Parlamento è sempre lo stesso, poiché non sono mai stati messi in atto quegli interventi normativi necessari, che, per la loro obiettiva utilità, risultano ora condivisi anche dalle maggiori Associazioni dei consumatori.
I problemi noti da tempo riguardano principalmente:
-l’assenza fino ad oggi di strumenti efficaci per combattere le frodi;
-l’abnorme numero dei danni alla persona di lievissima entità di origine speculativa;
-il ritardo nell’emanazione della disciplina per il risarcimento dei danni alla persona di più grave entità;
-le norme tecnicamente sbagliate come quella che ha alterato il sistema bonus/malus o come quella che ha aumentato i costi di distribuzione mediante l’introduzione del divieto di monomandato agenziale;
-le incertezze normative e giurisprudenziali che hanno minato il sistema di risarcimento diretto;
-le carenze macroscopiche ed i ritardi della giustizia civile.
Ci sembra importante perciò richiamare l’attenzione degli Onorevoli Senatori a prendere in considerazione i meccanismi attraverso i quali si formano i prezzi dell’assicurazione. Come è possibile continuare a dibattere di prezzi, come se gli stessi fossero indipendenti dai costi? Non si possono continuare a trascurare le cause della distorsione del sistema risarcitorio
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della r.c. auto, imputando alle sole compagnie la responsabilità della situazione. Non è credibile. Anche i cittadini hanno oramai compreso che intorno alla r.c. auto gravitano gli interessi di alcune categorie che lucrano sul sistema grazie ai limiti o all’eccessiva generosità della normativa in vigore. Come si può invocare la riduzione dei prezzi delle polizze e disinteressarsi delle cause degli alti costi di risarcimento? Ne è esempio la reazione di alcuni all’annuncio della prossima emanazione delle tabelle di legge per la valutazione economica e medico legale dei danni alla persona di natura non patrimoniale per le lesioni gravi derivanti dalla circolazione dei veicoli. Eppure si tratta di una normativa di attuazione del Codice delle assicurazioni, che arriva in ritardo di oltre cinque anni rispetto all’emanazione della disciplina primaria e che è diretta a uniformare i criteri risarcitori sull’intero territorio nazionale, superando la disomogeneità e la confusione oggi imperante in materia, che determinano incertezze per gli operatori e iniquità per le vittime degli incidenti.
Ebbene, tale normativa, ora all’attenzione del Consiglio di Stato, è stata oggetto di animate critiche, espresse anche in interrogazioni parlamentari, in merito al suo carattere “fortemente lesivo della dignità umana e non rispondente alle esigenze di solidarietà consolatorie, riparatorie e satisfattive del danno da r.c. auto” ed in mozioni votate dall’Aula della Camera dei deputati il 26 ottobre u.s.. Le reazioni critiche riguardano la prospettata riduzione economica dei risarcimenti, rispetto ai valori riconosciuti finora dalla prassi giurisprudenziale.
Al riguardo, occorre osservare innanzitutto che disquisire sulla congruità dei valori economici ai fini dell’equo e integrale risarcimento del danno alla persona di natura non patrimoniale è un esercizio che non può condurre a risultati di certezza assoluta, in considerazione dell’incommensurabilità del bene persona. Non si tratta del danno patrimoniale (le perdite economiche subite, il mancato reddito, le spese mediche affrontate a seguito della lesione) che continuano ad essere accertabili agevolmente, ma del danno che in assoluto è di più difficile quantificazione. Il valore dell’uomo, un bene in astratto non monetizzabile, ma che pure deve formare oggetto di una valutazione economica ai fini del risarcimento. E allorché deve essere monetizzato, non può che formare oggetto di una “convenzione”. Vale a dire di un atto che esprima una condivisione sociale ed economica dei valori da applicare, coniugando principi di equità e di sostenibilità del sistema.
I valori economici, nel rispetto di una congruità e una proporzione di fondo riguardo alla gravità della lesione, vanno valutati anche in relazione alle risorse che la collettività può esprimere in un determinato contesto storico. Andare oltre significherebbe superare la soglia di sostenibilità del sistema risarcitorio. Solo il legislatore, e non certo i tribunali, può realizzare il contemperamento tra gli interessi in gioco.
La circolazione dei veicoli di per sé comporta due tipi di interessi contrapposti: il diritto di circolare e il diritto di essere risarciti per i danni eventualmente subiti dalla circolazione. Il sistema assicurativo è chiamato a conseguire un livello di equilibrio tra le risorse disponibili per assicurarsi e le risorse necessarie per risarcire le vittime. La sostenibilità economica del
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sistema di protezione assicurativa dipende quindi anche dai livelli economici dei risarcimenti dei danni alla persona. A maggiori livelli di protezione corrispondono, ovviamente, maggiori risorse da acquisire dai premi assicurativi.
E’ questa l’equazione che deve essere risolta quando si affronta il problema, certo di elevato valore sociale, della tutela delle vittime. Scindere la questione prezzi da quella dei costi è un approccio illogico e errato. In attesa dunque degli interventi normativi più volte segnalati, tra i quali naturalmente quello “antifrode”, l’andamento della gestione r.c. auto continua a registrare per le imprese risultati negativi che non possono non riverberarsi sui prezzi pagati dagli assicurati. On.li Commissari, la ripresa all’aumento dei prezzi è iniziata nel 2010 e sta proseguendo nel 2011, dopo ben cinque anni consecutivi di riduzione, nel corso dei quali in termini reali, ossia al netto dell’inflazione, il prezzo medio della copertura r.c. auto era diminuito di oltre il 20%. Gli aumenti si sono resi necessari per il forte deterioramento della gestione tecnica: su 100 euro di premi incassati, le imprese nel 2009 ne hanno spesi 108. Nel 2010 su 100 euro di premi incassati ne hanno spesi 106. In due anni le imprese hanno perduto oltre un miliardo di euro. Non si può e non si deve chiedere alle imprese di assicurazione di avere sistematicamente perdite. La conseguenza sarebbe il crollo del mercato e le ricadute sarebbero devastanti per i danneggiati, per gli assicurati e per il sistema paese, considerato il ruolo che le imprese di assicurazione svolgono, come è riconosciuto unanimemente, quali investitori istituzionali e fornitori di protezione e di garanzie. Questo è il tema di fondo sul quale vogliamo richiamare l’attenzione della Commissione: se non si procederà con azioni dirette a ridurre i costi, il problema dei prezzi non verrà mai risolto e continuerà la roulette delle cifre, come negli ultimi giorni durante i quali abbiamo assistito ad un ridda di numeri più o meno fantasiosi con aumenti sino al 30% in un solo anno. Non è così. Nel 2010 l’aumento medio del prezzo della copertura r.c. auto è stato del 4,8%. Nei primi sei mesi del 2011, l’aumento calcolato su base annua è del 5,7%. Anche i dati dell’ISTAT, che analizza i prezzi di listino (le tariffe) praticati da tutte le imprese nei numerosi comuni che costituiscono il campione statistico oggetto di rilevazione, mostrano a settembre 2011 un aumento tendenziale su base annua del 5,43%.
Si tratta evidentemente di medie a livello nazionale, per cui è possibile che singoli assicurati abbiano subìto aumenti più considerevoli. Resta ferma però sempre l’opportunità di sfruttare la concorrenza praticata dalle imprese, che esiste ed è vivacissima, e che può attenuare l’impatto dei costi. La riduzione della frequenza sinistri che si sta registrando nell’ultimo anno fa auspicare una tendenziale stabilizzazione del prezzo della r.c. auto nel corso del 2012, anche se i problemi strutturali di sempre non inducono all’ottimismo.
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Se non si affrontano i temi centrali i prezzi continueranno a oscillare tra un più e un meno, ma resteranno in ogni caso elevati. Siamo sempre stati disponibili a discutere assieme alle istituzioni le possibili soluzioni. L’abbiamo fatto anche con riferimento al sistema di legge del “risarcimento diretto”, che ora l’Autorità garante della concorrenza e del mercato critica per alcuni profili applicativi a suo tempo proposti da essa stessa. Lo stiamo facendo con l’ISVAP per quanto riguarda la crisi del sistema “bonus/malus” dopo gli interventi normativi del 2007, che ne hanno decretato lo sconvolgimento. L’abbiamo fatto con le Associazioni dei consumatori, che, pur nella dialettica delle parti, concordano sugli interventi da realizzare.
2. Osservazioni e proposte sul testo del d.d.l. “antifrode”
Con lo stesso spirito collaborativo intendiamo sottoporre all’Onorevole Commissione Industria le nostre considerazioni e proposte in merito al disegno di legge che istituisce il sistema di prevenzione delle frodi nell’assicurazione r.c. auto. Il rischio di frodi da parte dell’utenza è da sempre connesso all’attività assicurativa. Frodi di vario genere, che vanno dal mero approfittamento e accrescimento del valore del danno alla frode individuale sino alla frode organizzata nell’ambito di vere e proprie associazioni per delinquere. Nell’assicurazione r.c. auto la diffusione delle frodi ha assunto un livello inaccettabile e determina una dispersione enorme di risorse della collettività, che sconta il fenomeno pagando premi assicurativi più elevati di quelli che sarebbero necessari. Si tratta quindi di un problema particolarmente delicato e che necessita, ormai da troppo tempo, di un approccio idoneo e calibrato, soprattutto tenendo conto della specificità del settore assicurativo e della assoluta differenza, proprio sotto il profilo della esposizione alla frode, rispetto ad altri settori quali quello finanziario e creditizio.
Anche su questo tema, le imprese vengono a torto ritenute quantomeno acquiescenti rispetto al fenomeno, poiché ne scaricherebbero gli effetti sulle tariffe. La verità è che il settore assicurativo privato, a differenza di quanto avviene in altri paesi europei (dove infatti le frodi scoperte sono molte di più), non è in grado di organizzare un sistema antifrode articolato, perché glielo impedisce una rigida impostazione della disciplina della tutela della privacy. Le imprese non possono trattare in comune le informazioni sensibili relative ai comportamenti degli assicurati e dei danneggiati per impiegarle nell’attività liquidativa o nell’organizzazione delle investigazioni necessarie per disporre degli elementi probatori da far valere in un giudizio penale.
Le compagnie italiane, a differenza delle imprese di altre nazioni, devono misurarsi con una normativa in materia di liquidazione sinistri particolarmente onerosa in termini di tempistica e di modalità da osservare per l’offerta risarcitoria, con relative elevate sanzioni in caso di mancato rispetto della procedura. Nel caso di sinistri che si appalesano fraudolenti i tempi concessi da tale disciplina risultano insufficienti per condurre gli approfondimenti utili a smascherare i frodatori e a querelarli. Da ultimo, non possono essere dimenticate le carenze del sistema giudiziario, sia in ambito penale (molti procedimenti per frode si concludono con la prescrizione dei termini) sia in ambito civile (rispetto ai costi da affrontare nonché
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alle scarse chances di successo delle imprese nei giudizi dinanzi alla magistratura non togata). La conoscenza del mondo della liquidazione sinistri in r.c. auto è essenziale per poter intervenire con successo nella lotta alle frodi. In pratica, come è stato detto autorevolmente in passato, “conoscere per legiferare”.
Intendiamo perciò offrire il nostro contributo di natura eminentemente tecnica.
In quest’ottica si deve purtroppo constatare che l’articolato approvato dalla Camera e ora all’esame del Senato, pur rappresentando un passo avanti rispetto al nulla di oggi, non risponde adeguatamente alle necessità di contrastare le frodi assicurative.
Per di più sono previste soluzioni che risultano costose e scarsamente utili e non risolvono nemmeno le criticità della procedura di liquidazione sinistri r.c. auto, ignorando in tal modo anche il contributo tecnico fornito dal settore assicurativo nel corso dell’iter di discussione del testo. Vogliamo perciò essere molto chiari: se restasse questo testo si darebbe luogo ad un apparato burocratico di limitata utilità e si introdurrebbero ulteriori costi senza raggiungere il risultato di un significativo contenimento delle frodi.
2.1. Un organismo che non investiga
L’articolato in parola, infatti, non istituisce un organismo antifrode, ma semplicemente un gruppo di lavoro a composizione prevalentemente amministrativa e, addirittura, con incarichi a tempo determinato, che dovrebbe presiedere ad una serie di attività complesse, senza disporre di struttura dedicata e qualificata.
Se si vuole, invece, dare concreto impulso all’attività antifrode occorre pensare un organismo di prevenzione dotato di autonomia gestionale e patrimoniale e, soprattutto, costituito da una struttura operativa composta da personale specializzato nelle investigazioni proveniente dalle Forze di Polizia, con un ridotto personale amministrativo di supporto.
Il nucleo centrale del “sistema” delineato dal d.d.l. risulta consistere nell’interconnessione di una serie di banche dati, già peraltro esistenti, per l’estrazione di parametri di significativo rischio di frode, prevedendo solo una forma di collaborazione tra il citato gruppo di lavoro e le imprese di assicurazione, che si ridurrebbe a saltuari scambi di informazioni.
E’ di tutta evidenza che si sarebbe in presenza di un apparato meramente amministrativo, privo di concreti poteri investigativi e di risorse di personale specializzato.
L’esperienza nel particolare campo insegna che l’antifrode assicurativa, pur necessitando del supporto di banche dati e di raffinati sistemi informatici di allerta, non può risolversi con un “gioco di ricerca in rete” e non può prescindere dalla investigazione di stampo classico e soprattutto dal costante scambio di informazioni e di segnalazioni fra la struttura investigativa centrale (che ha rango di polizia giudiziaria) e le singole imprese di assicurazione con le rispettive periferie (agenzie, ispettorati, ecc.), dove si percepisce il
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primo sentore della possibile frode, soprattutto nel caso della frode più pericolosa, quella organizzata.
Ciò permetterebbe anche di superare l’antico problema della necessaria procedibilità d’ufficio per le truffe alle assicurazioni, in quanto si potrebbe attribuire tale procedibilità esclusivamente alle segnalazioni messe a punto dalla struttura operativa e trasmesse alla Autorità giudiziaria, che in tal modo verrebbe chiamata ad operare non “a tappeto” ma solo per casi realmente “significativi”.
Ovviamente l’intero sistema non dovrebbe gravare sul bilancio statale e le imprese di assicurazione sono pronte a finanziarlo con apposito contributo, peraltro da stabilirsi secondo logiche aziendali di calcolo del preventivo e di verifica del consuntivo delle spese sostenute in sede di bilancio e non con il sistema delineato dal testo del disegno di legge che contempla una stima di stanziamento economico calcolata non si sa da chi e per cosa.
Da ultimo, si osserva che del tutto inspiegabilmente la proposta di legge trascura la fase cosiddetta “assuntiva” cioè di stipulazione dei contratti, che presenta propri profili di possibili frodi e che in molti casi costituisce attività preparatoria della frode relativa alla fase del risarcimento del danno. Occorre quindi estendere l’ambito di applicazione della legge anche alla fase della stipula delle polizze.
L’intero articolo 1 andrebbe pertanto riformulato.
2.2. Le modifiche alla procedura di liquidazione dei sinistri
Le frodi perpetrate nei confronti delle imprese che esercitano l’assicurazione r.c. auto avvengono soprattutto nella c.d. fase liquidativa e si declinano in una serie variegata di comportamenti illeciti che vanno dalla simulazione completa del sinistro all’esagerazione dolosa delle sue conseguenze. Gli strumenti a disposizione del settore assicurativo per combattere il fenomeno sono limitati agli accertamenti della sussistenza del sinistro e delle caratteristiche del danno denunciato rispetto alla descrizione dell’evento.
A tal fine, è assolutamente imprescindibile garantire all’impresa di assicurazione il diritto di accertare il danno denunciato, poiché la normativa sulle procedure di liquidazione dei sinistri r.c. auto è tutta concepita in chiave garantista a favore del danneggiato, sul presupposto che i suoi comportamenti risultino sempre rispettosi della legge e dell’etica. Purtroppo non sempre è così. Bisogna pertanto introdurre alcune modifiche alla normativa vigente che, senza far venir meno i diritti dei danneggiati, consentano di arginare il fenomeno speculativo e fraudolento.
Il disegno di legge contiene alcune interessanti modifiche alla procedura liquidativa prevista dall’articolo 148 del Codice delle assicurazioni. L’intento è condivisibile, ma il risultato non è risolutivo. Occorre fare di più.
Le disposizioni riguardano in particolare:
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a) l’obbligo per il danneggiato di far periziare il veicolo prima della sua riparazione,
nell’intento di combattere le esagerazioni dolose del danno. Tuttavia la previsione
contempla un termine per la perizia a cura della compagnia (5 giorni) che risulta
inferiore a quello oggi in vigore di 8 giorni lavorativi che è già ristrettissimo, soprattutto
se il danneggiato non collabora. Occorre un termine almeno di 10 giorni.
b) la facoltà per l’impresa di sospendere i termini per la formulazione dell’offerta
risarcitoria nel caso in cui dalla consultazione delle banche dati emergano almeno due
parametri di significativo rischio frode. Si tratta della misura più importante del testo,
perché in linea teorica dovrebbe consentire di respingere motivatamente tutte le
richieste fraudolenti e speculative. L’articolazione della norma però non permette di
raggiungere l’obiettivo. Il termine concesso per la sospensione è del tutto insufficiente
(30 giorni) per gli approfondimenti da compiere e l’esito finale di tale sospensione è
assurdo: o l’impresa liquida il danno o presenta querela per truffa, mentre nella realtà
potrebbe continuare a respingere il danno perché non dovuto. Occorre portare a 90
giorni il termine di sospensione e eliminare la previsione dell’alternatività tra il
pagamento del danno e la presentazione della querela.
c) altrettanto illogica è la previsione dello sconto sul premio r.c. auto da concedere
all’assicurato che, richiesto dalla compagnia, sottoponga il veicolo a perizia preventiva:
non si vede quale sia il comportamento da premiare e soprattutto a che titolo dovrebbe
essere concesso lo sconto.
Si osserva, d’altro canto, che mancano nell’articolato disposizioni essenziali per combattere le frodi, quali:
• Il divieto di cessione del credito del diritto al risarcimento del danno che è causa di
speculazioni e aumenti immotivati degli indennizzi: la cessione del diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti costituisce una pratica diffusa che determina un’alterazione dei rapporti tra creditore della prestazione risarcitoria, da una parte, e debitore responsabile dell’evento dannoso e suo assicuratore, dall’altra. La prassi consiste nell’acquisto da parte di intermediari di tali diritti di credito, senza che vi sia stata alcuna valutazione dei danni in contradditorio con il responsabile, e nella successiva ripresentazione della pretesa risarcitoria nei confronti dell’impresa di assicurazione con tentativo di lucrare, aumentandole, sulle somme destinate al ristoro del danno. Ciò determina sia il rischio che il danneggiato si veda liquidate in via anticipata somme non congrue rispetto al danno subito, sia una ricorrente speculazione che conduce ad un incremento del danno, a esclusivo vantaggio dell’intermediario dei sinistri. Il divieto della cessione del credito (fatta salva l’ipotesi che l’assicuratore abbia accettato la cessione del suo debito) è una proposta condivisa con le maggiori Associazioni dei consumatori.
• Una norma che condizioni la validità delle testimonianze alla presenza certificata
dell’asserito teste sul luogo dell’incidente: le testimonianze di comodo, e quindi false, costituiscono una grave anomalia del sistema risarcitorio. La prassi più diffusa
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per far valere le false testimonianze consiste nel produrre i testi in un momento successivo a quello della denuncia di sinistro, e quindi reclutando soggetti che, pur non essendo presenti all’evento, si prestano a sostenere la tesi di una delle parti in modo compiacente o addirittura dietro compenso. Per arginare il fenomeno, è quantomeno necessario che l’identificazione dell’eventuale testimone presente sul luogo dell’incidente sia immediata attraverso l’inserimento del nominativo e degli estremi identificativi, a pena di decadenza, nella denuncia di sinistro e nella richiesta di risarcimento. La disposizione deve dispiegare i suoi effetti anche in caso di giudizio.
• Una previsione diretta a raddoppiare i termini per l’offerta di risarcimento in caso di
richiesta di risarcimento tardiva: tra le modalità più diffuse nella commissione di frodi nei confronti delle imprese esercenti l’assicurazione r.c. auto si è affermata la tecnica di presentare una richiesta di risarcimento tardiva, vale a dire in un momento lontano temporalmente dall’asserita data di accadimento del sinistro. Lo scopo è, da un lato, rendere difficile alle imprese la ricostruzione dell’evento, che necessita di riscontri con il proprio assicurato, il quale potrebbe a sua volta essere in difficoltà a ricordare dove si trovasse in quel giorno e quindi a replicare alla richiesta della controparte; dall’altro lato, rendere più difficoltoso l’accertamento del danno materiale. In tali ipotesi fraudolente, infatti, i danni ai veicoli vengono rappresentati solo su carta, avvalendosi di documentazione da cui risulterebbe l’intervento riparativo effettuato. Ciò non consente all’impresa di attivare la perizia per accertare se il veicolo sia stato effettivamente coinvolto in un sinistro e che tipo di danni abbia eventualmente riportato. Per quanto riguarda i danni alla persona, la richiesta tardiva viene usata fraudolentemente per ricomprendere nel sinistro trasportati che in realtà non erano presenti a bordo dei veicoli coinvolti nell’incidente: in questo modo, basandosi su testimonianze false, si rende difficile alle imprese attivare indagini per “smontare” la pretesa illegittima. La previsione di un termine maggiore per l’offerta di risarcimento o per il suo diniego in caso di richiesta tardiva si giustifica quindi per consentire alle imprese di disporre di un lasso temporale più ampio per poter condurre indagini sull’esistenza del sinistro e sulla sua reale consistenza ed evitare così di risarcire ciò che non deve essere risarcito.
• Una previsione diretta a eliminare la possibilità di ottenere risarcimenti di danni alla
persona in assenza di esami diagnostici strumentalmente assistiti.
L’articolo 2 andrebbe opportunamente modificato e integrato secondo le indicazioni suggerite.
2.3. L’enforcement della disciplina penalistica
L’articolo 3 dell’articolato reca al comma 4 un inasprimento delle pene per il delitto di frode in assicurazione di cui all’articolo 642 del codice penale.
La misura è condivisibile, ma risulterebbe di ben maggior efficacia la previsione della perseguibilità d’ufficio delle truffe ai danni delle imprese di assicurazione, in quanto le
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indagini sui casi sospetti verrebbero effettuate con i ben più ampi poteri della polizia giudiziaria.
La proposta risulta coerente con la natura obbligatoria dell’assicurazione e con il connesso interesse pubblicistico a tutelare la collettività dei soggetti tenuti all’adempimento dell’obbligo. La frode nell’assicurazione r.c. auto colpisce tutti i cittadini. La proposta di prevedere la sua perseguibilità d’ufficio è coerente anche con quanto previsto dall’articolo 640 del codice penale, che la prescrive per i casi di truffa nei confronti dello Stato o di enti pubblici. Nel caso della r.c. auto, è evidente la stretta analogia tra interesse dello Stato e interesse dell’intera comunità che lo compone.
Come anticipato, la perseguibilità d’ufficio potrebbe essere prevista solo per i casi in cui l’organismo antifrode segnali alla magistratura competente le situazioni di sospetta frode estratte dagli archivi dati interconnessi o frutto di apposite investigazioni effettuate.
3. Risolvere il problema dei veicoli non assicurati
Il fenomeno della non assicurazione, pur non costituendo tecnicamente una frode, rappresenta una patologia grave del sistema, che va combattuta energicamente in quanto con questo comportamento contra legem viene a trasferirsi sull’intera collettività, attraverso il “Fondo di garanzia vittime della strada”, il costo dei sinistri provocati e, comunque, si sottraggono risorse che andrebbero a giovamento della mutualità generale.
Inoltre, spesso il fenomeno è agevolato dall’organizzazione di vere e proprie compagnie “fantasma” che, utilizzando denominazioni fittizie e similari a quelle delle compagnie regolarmente autorizzate, si propongono agli assicurati, spesso inconsapevoli, come operatori legittimati ad operare nella r.c. auto. In questo caso si tratta di frodi su larga scala che vengono scoperte solo in occasione dei controlli sul territorio o quando si verificano i sinistri.
Infine la “non assicurazione” comporta anche un grave danno alle provincie in termini di evasione delle imposte e all’erario per il mancato incasso dei contributi al Servizio sanitario nazionale.
Al riguardo, si osserva che le norme previste dal disegno di legge in materia di contrasto alla contraffazione dei documenti assicurativi e funzionali a reprimere il fenomeno dei veicoli privi di assicurazione risultano condivisibili, ma occorre eliminare taluni costosi e inutili oneri burocratici che appesantirebbero il sistema.
Un sistema di controllo centralizzato sull’adempimento dell’obbligo assicurativo r.c. auto necessita di un’attività di incrocio di banche dati già esistenti che fanno capo all’ANIA (veicoli assicurati) e alla Motorizzazione civile e al PRA (veicoli immatricolati).
Da tale attività di interconnessione è possibile estrarre l’elenco di tutti i veicoli non assicurati, che peraltro potrebbero risultare legittimamente non assicurati in quanto non posti in circolazione: l’obbligo di assicurarsi in Italia vige solo per i veicoli circolanti.
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Per superare tale problematica, opportunamente il d.d.l. prevede l’articolazione di sistemi di controllo massivi attraverso la telesorveglianza organizzata sulla rete autostradale e stradale ordinaria. In questo modo i veicoli non assicurati verrebbero individuati nella quasi totalità, a differenza di quanto avviene oggi con le limitate occasioni di controllo effettuato in sede di pattugliamento.
Parimenti, del tutto opportunamente il d.d.l. contempla la “dematerializzazione” del contrassegno assicurativo, che, grazie al controllo elettronico sull’adempimento dell’obbligo, non sarebbe più necessario. In questo modo, tra l’altro, la contraffazione dei contrassegni e le false assicurazioni, oggi diffuse soprattutto in alcune aree del Paese, verrebbero meno.
Ciò premesso, si rileva che l’articolazione del sistema di controllo contempla due disposizioni non utili, che comportano solo ulteriori oneri in capo alle imprese e alla Motorizzazione civile.
La prima è la previsione dell’obbligo in capo alle compagnie di comunicare mensilmente all’Archivio nazionale dei veicoli gli estremi dei contratti r.c. auto: è una mera duplicazione di previsioni già in vigore e contrasta con gli attuali principi di base della e-administration e in genere dell’attività amministrativa, che mirano a risolvere le esigenze delle Amministrazioni in via “dinamica”, cioè mediante interrogazioni e flussi interni, e non già in via “statica”, cioè mediante il passivo ricevimento di informazioni altrove già disponibili e la inutile moltiplicazione di banche dati o di archivi. Il Codice delle assicurazioni, infatti, già stabilisce a carico delle imprese che esercitano l’assicurazione della responsabilità civile da circolazione dei veicoli l’obbligo di trasmettere i dati relativi ai contratti stipulati per la copertura dei veicoli (n. di polizza, targa del veicolo, proprietario, decorrenza e scadenza della copertura etc..) per il corretto funzionamento del Centro di Informazione Italiano istituito presso l’ISVAP (art. 154 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209-Codice delle assicurazioni). Tale obbligo è attualmente rafforzato anche da specifiche sanzioni a carico delle imprese che omettano di trasmettere i dati dei contratti r.c. auto o li trasmettano erronei od incompleti (art. 316 del Codice delle assicurazioni).
La seconda riguarda una sorta di moral suasion, nei confronti dei proprietari dei veicoli che risultassero non assicurati, a provvedere alla stipulazione della polizza. Tale invito verrebbe effettuato con comunicazioni inviate dalla Motorizzazione civile ai diretti interessati. Al riguardo, si ritiene che tale sistema non condurrebbe a significativi risultati, è costoso e risulta superato dalle modalità di controllo realizzate con la tecnologia della telesorveglianza della rete stradale. Al fine di regolare nello specifico tutte le modalità necessarie per realizzare il sistema di controllo dei veicoli non assicurati, che implicano lo studio e l’applicazione di soluzioni tecniche e giuridiche ai fini dell’irrogazione delle sanzioni, si osserva da ultimo che sarebbe opportuno che la norma primaria demandasse a un decreto attuativo la disciplina di dettaglio.
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Conclusioni.
Onorevoli Senatori, il disegno di legge all’attenzione della Commissione Industria è un’occasione da non perdere per contribuire a ridurre i costi impropri del sistema r.c. auto da cui derivano gli elevati prezzi della copertura obbligatoria nel nostro Paese. Chiediamo pertanto di valutare con attenzione il contributo tecnico fornito dal settore assicurativo per un miglioramento del testo normativo. fine